L’INTROSCOPIO ( un mio racconto di qualche anno fa...)


L’avevo visto in una vetrina passeggiando in una via del centro, una viuzza stretta e dimenticata, con case scolorite dal tempo, bucati stesi ad asciugare appiccicati ai muri tra una finestra e l’altra, odori di fritto e di muffa. Il negozietto era polveroso, non c’era insegna di sorta ed esibiva apparecchiature per me strane e misteriose, esposte maldestramente in disordine e con biglietti esplicativi scritti a mano, in rosso, che esplicavano poco.
Davanti ad uno dei marchingegni, che aveva attirato la mia attenzione per il suo bel  colore azzurro e quindi spiccava nel  grigiore generale, c’era scritto: "INTROSCOPIO", ma  mentre per gli altri apparecchi era indicato il prezzo, di questo non si rivelava e veniva lasciato alla fantasia dei passanti. Assomigliava a un telescopio, ma era di piccole dimensioni, non troppo complesso, mi incuriosiva e decisi di  entrare nel negozio per chiedere informazioni: poteva essere un bel regalo per il compleanno di mio figlio!
Appena varcata la soglia mi trovai in una penombra tale da impedirmi di distinguere la merce esposta o persone eventualmente presenti, ma dopo qualche minuto cominciai a intravedere qualcosa e, dietro al bancone di legno scuro che occupava quasi tutto lo spazio disponibile, apparve un occhialuto uomo anziano dalla corta barba grigia che mi guardava con aria interrogativa, quasi si meravigliasse di veder entrare un cliente.
Salutai imbarazzata e gli chiesi informazioni sull’introscopio. Esitò qualche secondo, poi mi domandò se avevo  dimestichezza con telescopi e similari; gli dissi che non ero pratica di quel genere di apparecchi e l’uomo si dimostrò soddisfatto:
"Signora, se lei avesse già usato un telescopio sarebbe prevenuta nei confronti di questa mia invenzione che niente ha a che fare con quegli apparecchi! Così invece potrò spiegarle tutto più facilmente".
Lo ringraziai e mi apprestai ad ascoltarlo, mentre  andava a prendere il misterioso oggetto in vetrina.
Lo posò con amorevole cautela sul banco e cominciò a parlare.
Mi disse che per capire il funzionamento occorreva prima di tutto sapere che non era complicato da usare, ma bisognava adoperarlo raramente e solo per qualche minuto, altrimenti si rischiava di farlo andare in blocco. Bastava premere il pulsante di accensione, puntare l’obiettivo in direzione dell’oggetto scelto, mettere a fuoco e aspettare: dopo qualche minuto sarebbero apparse le immagini che sarebbero rimaste visibili ancora a lungo dopo lo spegnimento dell’introscopio
stesso.

Non bisognava  mai  lasciarlo acceso per più di tre minuti e per questo egli aveva installato un timer che avvertiva dello scadere del tempo a disposizione.
Ascoltai attentamente, poi volli sapere a che uso era destinato, cosa si poteva osservare e fino a che distanza poteva arrivare.
Rimasi sconcertata perché mi rispose in modo evasivo, mi disse che serviva per scoprire gli universi che ci circondano, che non poteva dirmi di più.
"Lo porti a casa in prova, mi lasci una cauzione, e poi, se sarà soddisfatta, lo comprerà… E stia attenta, è un pezzo raro, ne esiste solo un altro che avevo costruito molti anni fa e non so nemmeno dove sia finito… L’aveva comprato un cinese di passaggio, chissà che fine ha fatto!"
 Ero molto incerta ma dopo aver ben riflettuto pensai di accettare, in fondo la cosa mi incuriosiva molto! Gli diedi un acconto e me ne andai emozionata, con il pacco sotto il braccio.
Arrivata a casa non potei aspettare e subito estrassi l’apparecchio dal suo involucro e lo posi sul davanzale della finestra. Lessi il foglio di istruzioni, peraltro piuttosto sbrigativo, e puntato l’obiettivo verso il cielo cercai di vedere qualcosa. Ma non si vedeva proprio niente, tutto nero, che delusione!
"Ecco, qualunque cosa si acquisti c’è sempre qualche problema! Niente funziona, bisogna sempre provare ciò che si compera prima di andare a casa!" e così via, mi incolpavo di superficialità. Ma in fondo l’avevo preso in prestito e se qualcosa non andava il commerciante era pronto a ritirare l’acquisto, quindi niente paura, e riprovai.
Intanto il timer mi aveva avvisata di spegnere, attesi i due minuti previsti e, riacceso l’introscopio, mi disposi a osservare con più attenzione. Muovendo di qua e di là l’obiettivo ad un certo punto rimasi stupita perché vidi immagini che mai avrebbero potuto apparire: io abito a Torino, che ci faceva Notre Dame sotto casa mia? E quanta gente tutt’intorno, un po’ sfocata in verità. Ben chiare, due persone parlavano animatamente, un ragazzo e una ragazza, sembrava litigassero. Il timer mi obbligò a spegnere, ma come mi era stato detto continuai a seguire la scena e vidi che i due si lasciavano bruscamente.
All’improvviso qualcos’altro si presentò ai miei occhi, anzi, al mio occhio, ma si trattava questa volta di qualcosa di poco definito, colori confusi, più che altro una sensazione, era come se sentissi le immagini dentro di me. Provai una profonda disperazione, un’ansia immensa e distolsi lo sguardo sconcertata. Mi ripresi a fatica e mi chiesi cosa poteva essere successo.

Intanto, guardando in strada, vidi un giovane dall’aria disperata che camminava sotto casa mia: ma… era quello che stava poco prima a Parigi: non ci capivo più niente!
Andai a farmi un caffè, poi mi rimisi in osservazione. Riacceso l’apparecchio lo puntai un po’ più in là, verso l’aula di un asilo e venni invasa da una grande gioia, voglia di cantare, di giocare, ma anche nostalgia e "vidi" immagini confuse di mamme amorevoli, di papà che giocavano con i figli. Cominciavo a capire ed ero inquieta: potevo forse vedere ciò che passava nell’animo della gente? Ma com’era possibile? Che diavoleria avevo per le mani?
Decisi di aspettare un po’ prima di riprovare, forse ero rimasta suggestionata, era solo una mia impressione dovuta alla stanchezza.
Nascosi il possibile regalo nell’armadio e andai a fare la spesa.
Il giorno dopo riprovai a usarlo, trepidante. Erano le ultime ore del pomeriggio e sotto casa mia c’era una gran folla accorsa per un concerto, sarebbe stato interessante. Infatti appena appoggiai l’occhio all’oculare mi sentii invasa da mille sensazioni, le più disparate: gioia, invidia, rabbia, amore, desiderio, entusiasmo, e scene piene di persone, luoghi, situazioni.
Barcollai sotto il peso di tanti stati d’animo, di tante immagini, e smisi di guardare. Quell’invenzione mi affascinava ma era pericolosa.
L’indomani partii per un viaggio di lavoro e portai con me l’introscopio: avrei volato e quindi avrei potuto guardare il mondo da lontano!
Sull’aereo mi disposi presso un finestrino e appena ad alta quota pian piano mi apprestai all’operazione: avvenne qualcosa di fantastico, fu come se il mondo si capovolgesse, venni avvolta dai pensieri di tutta l’umanità, da tutto ciò che immaginava, desiderava, sognava, e l’universo circostante si ridusse a un puntino che io potevo osservare da lontano.
Rimasi affascinata e sconvolta. Riposi tutto nella sua custodia e mi riproposi di non usare mai più quello strano apparecchio; mi sentivo un’intrusa, non potevo intromettermi così nella vita altrui!
Tornata a casa mi guardai bene dal far parola con chiunque dell’introscopio e, appena potei, mi recai al negozio per restituire l’oggetto. Ritrovai a fatica la piccolissima via ma infine arrivai a destinazione; entrai e il negoziante mi riconobbe subito.
Gli dissi che non volevo  acquistare l’apparecchio perché, nonostante fosse assai interessante e inconsueto,  aveva una finalità che non mi interessava; inoltre il suo uso poteva essere rischioso ed espressi le mie riserve in proposito.


Egli mi disse che effettivamente poteva essere un’arma a doppio taglio, e,  preso il pacco, lo posò su un ripiano con aria pensosa. Ma così facendo inciampò. Il pacco scivolò a terra. Il suo contenuto andò in mille pezzi. Ci rimasi male, ma egli ancor di più:
"Oh no! come farò ora? mi costerebbe troppo tempo e denaro realizzarne un altro... ormai sono troppo vecchio!"
Io non tentai nemmeno di consolarlo: era così disperato che qualsiasi parola sarebbe risultata importuna. Mi limitai a ringraziarlo per la sua disponibilità e lo salutai.
Anche a distanza di anni,  ripenso spesso a quello strano aggeggio che mi ha fatto capire che l’universo in cui lanciamo razzi e navicelle spaziali non è il più sconfinato. Ne esiste un altro ben più insondabile , immenso ed affascinante. Ora, per esempio, camminando per strada, in mezzo a molte persone sconosciute, so di essere avvolta e circondata da mille pensieri, sensazioni, emozioni che non riesco ad immaginare se non lontanamente.
Ma che strano... mi sento osservata... come se qualcuno mi leggesse dentro, come se indovinasse i miei sogni, i miei segreti, le mie speranze…


luisa gavazza - 2005


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