L’INVENTORE


                                 

Nacque un bimbo.
Nell’immensa, caotica città quasi nessuno se ne accorse, ma i suoi   genitori,   scambiandosi teneri sguardi complici, gioirono e lo ammirarono estasiati, come se fosse il primo ed unico bimbo al mondo.
Il padre, d’età piuttosto avanzata, aveva preso moglie pochi anni prima; lei, molto più giovane, si era innamorata della sua dolcezza e dei suoi modi gentili ed affettuosi. Desideravano un figlio come si desidera qualcosa di irripetibile ed unico, con entusiasmo e gioia.
Il piccolo giunse in un mattino piovoso di ottobre ed essi decisero, o meglio, il padre decise, di dargli nome Leonardo, convinto che sarebbe stato di  buon auspicio. Egli, infatti, aveva sempre desiderato diventare “inventore” ma, chissà perché, ogni volta che realizzava qualcosa di nuovo non faceva in tempo a richiedere il brevetto  che qualcuno lo precedeva; e così non gli rimaneva altro da fare che confondersi tra la folla, restando nel consueto anonimato.
Il bimbo iniziò la sua esistenza sotto occhi amorevoli ed attenti che notarono subito quanto fosse attratto da tutto ciò che lo circondava: osservava con insistenza ed interesse gli oggetti e le persone, i suoi occhietti non conoscevano quiete, vagando dalle sponde del lettino al lampadario, all’armadio, come per impararne a memoria ogni particolare.
Crebbe e si mise a scorazzare per casa con sguardo indagatore, curiosando ovunque e mettendo tutto sottosopra con gran entusiasmo del suo papà e sconforto della mamma!
I genitori non disponevano di molti mezzi e non si muovevano mai da casa; il bambino non sapeva quindi che oltre quei confini c’erano altre città come quella in cui viveva, tutte uguali, grigie e soffocate.
Erano lontani i tempi in cui boschi, prati, fiori, animali domestici e selvatici condividevano con gli uomini la vita terrestre,  e gli uomini avevano ormai dimenticato il passato in cui si cibavano dei prodotti della terra, godevano il privilegio di una giornata in campagna, di una passeggiata tra la natura amica.
Nemmeno i genitori di Leonardo ricordavano bene quel periodo  e comunque preferivano non parlarne al figlio, come se si sentissero in colpa nei suoi confronti.
Del resto non se ne  faceva mai cenno in alcun contesto: tutti avevano di comune, tacito accordo deciso di evitare di far sapere alle generazioni future il disastro ecologico di cui erano stati responsabili gli uomini delle generazioni precedenti ed i ragazzi erano convinti che la Terra fosse sempre stata così. Era normale per loro il rumore, il cielo grigio, il cibo monotono prodotto artificialmente, le restrizioni energetiche; non sapevano nulla di tutto ciò che era andato perduto per sempre.
Leonardo passava le giornate giocando, come tutti i suoi coetanei, accompagnando la mamma a fare spesa, andando a spasso con papà e cresceva sveglio e sensibile.
Quando cominciò a parlare, inondò di domande le giornate dei genitori: voleva sapere tutto degli oggetti che vedeva, a cosa servivano, perché erano proprio così e non diversi, e le risposte gli parevano spesso insufficienti , non era mai soddisfatto.
Suo padre vedeva in ogni atteggiamento di suo figlio una predisposizione alla ricerca e alla sperimentazione ed era molto orgoglioso di lui.
Quando Leonardo ebbe quattro anni cominciò a portarlo spesso a visitare mostre e musei dedicati alla scienza ed alla tecnica; il bimbo dimostrava molta attenzione ed assimilava rapidamente ciò che vedeva e ciò che gli veniva spiegato, scrutando tutto con espressione intenta.
Iniziò la scuola. La sua capacità di apprendimento si estendeva ad ogni materia, ma ciò che lo appassionava veramente era il disegno, in cui si distingueva per precisione, buon gusto e fantasia.
Era un ragazzino vivace, aveva molti amici e tutti lo amavano per il suo carattere allegro e per la sua disponibilità. Chiacchierava volentieri, raccontava a papà e mamma tutto ciò che gli accadeva e riempiva la casa con le sue risate e le sue canzoni preferite.
Un giorno il padre, entrando nella camera di Leonardo, vi notò oggetti e scatole variopinte, ma per il  rispetto e la discrezione che sempre aveva nei confronti di ogni iniziativa altrui, si guardò bene dal chiedere spiegazioni. Chissà cosa stava combinando suo figlio, dove si era procurato quel materiale e perché? Del resto era giudizioso e papà e mamma avevano la massima fiducia in lui. Decise di non preoccuparsi.
I giorni trascorsero, ma Leonardo non parlò di progetti o interessi particolari, nessun “segno” si manifestava. C’era però una novità: trascorreva la maggior parte del tempo in camera sua , alle ore dei pasti era necessario chiamarlo più volte per invitarlo a tavola ed appariva stranamente assente e silenzioso.
Suo padre non sapeva se essere felice o preoccupato, la madre era ansiosa.
Leonardo dedicava sempre più tempo a questo suo misterioso interesse; era tranquillo e sereno, solo un po’ più  stanco del solito, ed i genitori decisero di andare a parlare ai suoi insegnanti.
Questi si dimostrarono soddisfatti del ragazzino, i risultati a scuola erano sempre buoni e seguiva con attenzione le lezioni, non c’era motivo di preoccuparsi. I rapporti con i compagni erano ottimi, collaborava con loro e si faceva voler bene da tutti.
I genitori stavano già per andarsene quando l’insegnante di disegno li chiamò in disparte. “Vostro figlio un mese fa mi ha chiesto se potevo procurargli dei colori ad olio e glieli ho forniti con piacere vista la sua bravura  nel disegno e nella pittura; la scuola ha sempre  a disposizione del materiale per gli studenti meritevoli e così ho creduto opportuno soddisfare la sua richiesta.” “Grazie! Ecco cosa sono quelle scatole in camera sua! Sa che ultimamente non lascia entrare nessuno?! Nemmeno la mamma per le pulizie! Pensa lui a tutto.”
“Lasciatelo fare! E’ un ragazzino in gamba e sa quel che fa!”  “Staremo a vedere…!”
E così tornarono a casa più tranquilli e fiduciosi, consapevoli che il figlio senz’altro non li avrebbe delusi.
Il ragazzino era sempre più impegnato nel suo misterioso lavoro, aveva spesso un’aria distratta, se ne stava per conto suo e a volte rifiutava anche le occasioni di svago con gli amici; lavava accuratamente le mani, ma a volte si vedevano chiaramente le tracce di colore sulle sue dita, segno che si dedicava sempre molto al suo passatempo preferito.
Una domenica il ragazzo sembrò più vivace del solito: canticchiava sotto la doccia, scherzava come da tempo non faceva più. Ad un tratto disse ai genitori che doveva far vedere loro qualcosa in camera sua; essi lo seguirono affannati e, intralciandosi a vicenda, entrarono nella stanza del figlio: ovunque , sulle pareti, c’erano quadri dipinti con colori stupendi, e disegni, schizzi a matita sui fogli sparsi qua e là, ed i soggetti rappresentati erano alberi, fiori, animali, prati…
Leonardo li guardò con orgoglio e disse: “Questi sono solo i progetti di ciò che ho inventato, per la realizzazione devo ancora studiare il modo….che ve ne pare?”

l.g. 2005





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